Negli aridi scenari del tennis professionistico, dove ogni servizio e ogni colpo portano il peso della storia, una tempesta si è scatenata fuori dal campo, mettendo alla prova l’integrità di questo sport e lasciando i tifosi a interrogarsi sulla bilancia della giustizia. Il 14 marzo 2025, l’Agenzia Internazionale per l’Integrità del Tennis (ITIA), l’ente globale incaricato di mantenere il tennis pulito, ha ribadito con fermezza la sua gestione di due casi di doping che hanno scosso il mondo del tennis, coinvolgendo Jannik Sinner e Iga Swiatek, i dominatori attuali dello sport. Entrambi i giocatori, che hanno raggiunto la vetta del ranking mondiale, sono finiti sotto i riflettori dopo essere risultati positivi a sostanze vietate l’anno scorso: Sinner per lo steroide clostebol, Swiatek per il farmaco cardiaco trimetazidina. Le sentenze—una sospensione di tre mesi per Sinner, un mese per Swiatek—hanno scatenato indignazione, accuse di favoritismo e richieste di trasparenza. Eppure, mentre la polvere si deposita su Indian Wells, dove l’assenza di Sinner si fa sentire e Swiatek lotta in campo, l’ITIA resta salda, insistendo che le sue decisioni siano state giuste, le regole rispettate e il processo frainteso.
Tutto è iniziato nella primavera del 2024, quando Sinner, allora fresco di vittoria agli Australian Open, è risultato positivo al clostebol due volte, durante e dopo il torneo di Indian Wells. La sostanza, uno steroide sintetico noto per favorire la crescita muscolare, ha mandato onde d’urto nel mondo del tennis. La difesa di Sinner è stata rapida e precisa: la contaminazione proveniva da un trattamento di un fisioterapista, uno spray da banco usato su un taglio che lo aveva involontariamente contaminato. “Lo abbiamo saputo subito e eravamo consapevoli di cosa fosse successo,” ha spiegato in seguito, con voce ferma nonostante il caos. Inizialmente, l’ITIA ha accettato questa versione, dichiarandolo privo di colpa o negligenza dopo il parere di un tribunale indipendente. Ha perso i punti e il montepremi di Indian Wells, ma non ha subito sospensioni—finché l’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA) non ha fatto ricorso, chiedendo una pena più severa. Dopo mesi di battaglie legali, un accordo ha portato a una sospensione di tre mesi per Sinner, tenendolo fuori fino a maggio 2025, in tempo per la stagione su terra ma troppo tardi per Indian Wells e Miami.
Il caso di Swiatek è emerso più tardi quell’estate, un tuono più sommesso ma non meno sconvolgente. La stella polacca, vincitrice di cinque Slam, è risultata positiva al trimetazidina—un farmaco che migliora il flusso sanguigno—dopo gli US Open. Ha attribuito la colpa a un integratore di melatonina contaminato, preso per combattere il jet lag, e l’ITIA ha accettato, giudicando la sua colpa minima. “Una volta identificata la fonte, è diventato chiaro che si trattava di un caso estremamente insolito di un prodotto contaminato,” ha dichiarato Karen Moorhouse, amministratore delegato dell’ITIA, usando le sue parole come scudo contro le critiche. La sospensione di un mese di Swiatek, scontata principalmente in autunno 2024, le è costata il numero 1 a favore di Aryna Sabalenka, ma le ha risparmiato il calvario dei Grandi Slam. A dicembre era già tornata, la sua squalifica relegata a una nota a piè di pagina mentre si lanciava nel 2025.
La disparità nelle punizioni—tre mesi per Sinner, uno per Swiatek—ha acceso un incendio. Tifosi e giocatori hanno puntato il dito, accusando l’ITIA di proteggere le sue stelle. “Due numeri uno del mondo pizzicati per doping è disgustoso per il nostro sport,” ha sbottato un giocatore di spicco, la sua frustrazione riecheggiando nelle stanze degli spogliatoi e sui social media. Altri, come un ex numero 1 britannico, hanno definito l’accordo di Sinner “un po’ troppo conveniente,” notando come evitasse abilmente il calendario degli Slam. L’ITIA, però, ha risposto con forza. “Si è erroneamente creduto che stessimo annunciando test positivi, quando in realtà stavamo annunciando sospensioni provvisorie,” ha ribattuto Moorhouse, con un tono deciso mentre difendeva il protocollo dell’agenzia. Ha spiegato che entrambi i giocatori hanno fatto ricorso entro una finestra di 10 giorni, un diritto previsto dalle regole, mantenendo i casi riservati fino al verdetto finale. “Le regole sono state rispettate,” ha insistito, presentando il processo come una necessità fraintesa, non un insabbiamento.
Non si trattava solo di scienza o sanzioni—era una questione di fiducia, una moneta che il tennis non può permettersi di perdere. Il caso di Sinner, con il suo lungo appello e l’intervento della WADA, sembrava un dramma giudiziario, completo di testimonianze di tre esperti che hanno sostenuto la tesi della contaminazione. “Le piccole quantità probabilmente somministrate non avrebbero avuto effetti dopanti o migliorativi delle prestazioni,” hanno concluso, offrendo una lifeline che inizialmente lo ha tenuto in campo. Eppure, l’immagine era terribile—ecco il numero 1 del mondo, che accumulava titoli agli US Open e oltre, mentre un’ombra di doping incombeva. La risoluzione più discreta di Swiatek non ha aiutato; la sua “peggiore esperienza della mia vita,” come l’ha definita, si è conclusa con un buffetto, lasciando alcuni a chiedersi se il rango portasse privilegi. “Mi siedo e mi chiedo, ‘Perché una differenza così grande nel trattamento e nel giudizio?’” ha lamentato una campionessa di due Slam, il cui calvario per doping si era risolto in una riduzione da quattro anni a nove mesi.
La posizione dell’ITIA è un equilibrio tra rigidità e razionalità. Moorhouse ha sostenuto che l’approccio del tennis—diverso dall’atletica, che annuncia subito le sospensioni provvisorie, o dagli sport di squadra che spesso le nascondono—trova un compromesso. “Alcuni sport decidono di annunciare immediatamente le sospensioni provvisorie. Altri non le annunciano mai,” ha detto, suggerendo che la regola dei 10 giorni potrebbe evolversi ma per ora rimane. Per Sinner e Swiatek, ciò ha significato segretezza fino alla conclusione, una politica che ha alimentato teorie del complotto ma, secondo Moorhouse, ha protetto il giusto processo. “Vedremo, in futuro questa regola potrebbe anche cambiare,” ha aggiunto, lasciando uno spiraglio per una riforma tra le proteste.
Le conseguenze sono state un colpo al cuore del tennis. Sinner, ora squalificato fino a maggio, salta il primo tratto della stagione sul cemento ma tiene vive le speranze per gli Slam—un tempismo che alcuni definiscono sospettosamente perfetto. “Non so quando si terrà l’udienza,” aveva detto prima della squalifica, la sua attenzione divisa tra il campo e l’aula. Swiatek, tornata in azione a Indian Wells, si è appoggiata al sostegno dei colleghi per superare la tempesta. “Sono grata per il supporto dei miei compagni,” ha notato, il suo sollievo evidente dopo un periodo “piuttosto imbarazzante” di silenzio. Tuttavia, l’immagine dello sport ha subito un duro colpo. “Non credo più in uno sport pulito,” ha scritto online una vincitrice di tre major, un sentimento che ferisce profondamente mentre i tifosi si confrontano con eroi divenuti umani.
Confrontando ciò con altri casi—una giocatrice russa squalificata due anni per meldonium, una ceca fermata sei mesi—le domande si moltiplicano. Perché la clemenza per Sinner e Swiatek? L’ITIA punta sulle prove: entrambi hanno dimostrato una contaminazione, non un’intenzione, una sfumatura persa nella furia del pubblico. “Le quantità trovate sono così piccole che è possibile contaminarsi facendo cose anche banali,” ha riconosciuto un funzionario della WADA, suggerendo un più ampio confronto sulle soglie di doping mentre la tecnologia dei test si affina. Per ora, però, l’agenzia resta salda, le sue sentenze un parafulmine in uno sport disperato di preservare la sua purezza.
Mentre Indian Wells si svolge, l’assenza di Sinner—campione in carica—proietta un’ombra lunga, e ogni mossa di Swiatek è analizzata per segni di redenzione o ricaduta. L’ITIA, colpita ma non piegata, difende le sue decisioni, custode di regole in un gioco dove gloria e disgrazia danzano troppo vicine. Il tennis, un tempo baluardo dell’onore cavalleresco, ora lotta con i suoi demoni moderni—doping, dubbi e l’arte delicata dell’equità. Per Sinner e Swiatek, il campo attende il loro ritorno, ma per lo sport stesso, il verdetto è ancora in sospeso, una narrazione di fiducia appesa a un filo, una sentenza controversa alla volta.
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