Nel vortice infuocato delle controversie tennistiche, dove la reputazione può vacillare al confine di un singolo servizio, un difensore feroce è emerso dall’ombra dei leggendari campi di Melbourne. Paul McNamee, un tempo alla guida dell’Australian Open come direttore del torneo, ha scatenato il 18 marzo 2025 una replica incandescente contro un post velenoso sui social media che osava macchiare il nome di Jannik Sinner, il titano del tennis numero uno al mondo. La stella italiana, reduce dalla difesa del titolo all’Australian Open a gennaio, sta navigando in acque agitate da quando una vicenda di doping ha gettato un’ombra sulla sua scintillante stagione 2024. La difesa ardente di McNamee non è stata solo un colpo di avvertimento—è stata un’esplosione di cannone mirata a zittire i critici e ristabilire la fiducia in un giocatore che, secondo lui, è stato ingiustamente diffamato.
Il dramma è iniziato quando un post infiammatorio su X ha dipinto Sinner come un manipolatore calcolatore, sostenendo che avesse orchestrato una squalifica di tre mesi—dal 9 febbraio al 4 maggio—per evitare assenze nei Grandi Slam mentre accumulava titoli sotto una nube di sospetti. L’accusa, grondante di veleno, insinuava favoritismi in uno sport che si vanta della sua integrità, accendendo un fuoco di fila tra tifosi e opinionisti. Sinner, che nel 2024 aveva conquistato tre Slam, gli ATP Finals e guidato l’Italia alla gloria in Coppa Davis, si è visto mettere in discussione i suoi trionfi nonostante un tribunale indipendente lo avesse scagionato da intenzioni scorrette dopo due test positivi al clostebol a marzo 2024. L’appello dell’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA) si era concluso con una sospensione che, per alcuni in modo conveniente—o sospetto—coincideva con la pausa stagionale, permettendogli di tornare per l’Italian Open il 7 maggio.
Ecco allora McNamee, ex campione di doppio che ha diretto l’Australian Open dal 1995 al 2006, cementando la sua eredità come custode del gioco. Con la precisione di un rovescio lungo linea, ha fatto a pezzi il post, definendolo “scandaloso” e una “totale falsità”. “Per chiarezza, è un’assurdità scandalosa suggerire che Jannik Sinner abbia architettato una squalifica per adattarla al suo calendario,” ha tuonato online, le sue parole un grido di battaglia per la giustizia. Ha sostenuto che il team di Sinner non avesse alcun controllo sui tempi della sanzione, indicando invece la ferrea presa della WADA sul processo. “La WADA non negozia con nessuno—dettano loro,” ha insistito, smantellando l’idea di un accordo accomodante con l’autorità di chi ha visto da vicino i meccanismi interni dello sport. La sua posizione era netta: Sinner, un giocatore dal “carattere impeccabile”, meritava di meglio che calunnie infondate.
Lo sfondo di questo scontro è una storia di trionfi offuscati da turbolenze. Il 2024 di Sinner era stato un’odissea dorata—tre major, tra cui un’epica battaglia in cinque set contro Daniil Medvedev all’Australian Open, seguita dalle vittorie agli US Open e all’Australian Open 2025, rendendolo il primo italiano a vantare un tale bottino. Eppure, la vicenda del clostebol, ricondotta a una contaminazione accidentale tramite uno spray di un fisioterapista, lo ha spinto in una tempesta di critiche. Inizialmente assolto, ha affrontato l’appello della WADA per una squalifica da uno a due anni, risolta con tre mesi—una soluzione che ha preservato i suoi titoli ma ha lasciato un retrogusto amaro per alcuni. “Ho sempre accettato di essere responsabile per la mia squadra,” aveva detto Sinner, la voce salda nel caos, “e riconosco che le regole severe della WADA sono una protezione importante per lo sport che amo.” McNamee ha colto questo punto, lodando la responsabilità dell’italiano come prova della sua integrità.
Il veleno del post su X non era solo una freccia isolata—rispecchiava un malessere più ampio. Alcuni giocatori, come Novak Djokovic, avevano accennato a “favoritismi” per le stelle di punta, mentre altri vedevano i tempi della squalifica come troppo perfetti, un’evasione che risparmiava a Sinner il Roland Garros o Wimbledon. McNamee ha ribattuto con una determinazione d’acciaio, suggerendo un’occasione persa per la trasparenza: il team di Sinner avrebbe potuto spingere per una sospensione che includesse Roma o Parigi, un “punto di dolore” per dissipare i dubbi. “Immaginate se avesse saltato un grande torneo—nessuno avrebbe messo in dubbio il suo onore allora,” ha riflettuto, inquadrandolo come un errore strategico piuttosto che un inganno. Il consulente generale della WADA aveva già negato trattamenti speciali, ma il punto di McNamee era più tagliente: la percezione conta, e l’immagine immacolata di Sinner meritava di essere protetta.
Per i tifosi, questo è più di un dibattito sul doping—è uno scontro tra lealtà e eredità. I “Carota Boys”, la squadra di cheerleader di Sinner travestiti da carote, hanno sostenuto il loro Fox, che ha trasformato l’Italia in un focolaio di tennis. La salva di McNamee ha trovato eco tra loro, la voce di un veterano che taglia il rumore per difendere un giocatore il cui record di 47-3 da numero uno parla più forte di qualsiasi risultato di un test. Mentre Sinner si prepara al ritorno di maggio, la difesa di McNamee si erge come un ruggito di sfida: un appello a onorare la tenacia di un campione sopra le chiacchiere, assicurando che, quando la polvere rossa di Roma si poserà, sarà il suo tennis—non le sue prove—a definirlo.
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